Ancora nuove misure per ridurre le emissioni di CO2 in tutto il mondo, tra queste si torna a parlare della nuova (non tanto nuova) direttiva europea sulla ristrutturazione degli immobili che hanno una classe energetica inferiore alla E.
Non tanto nuova poiché questo argomento è stato intavolato alla fine del 2021 ai tavoli della Commissione Europea; ora però il tempo si stringe e il premier svedese Ulf Kristersson, durante la conferenza stampa con la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, vuole accelerare i tempi affinché si approvi la norma in questione.
A contrastare la rigidità dell’intervento alcuni governi, tra cui Italia e Polonia, che convergono allo stesso obiettivo ma mirano a mitigare le misure e cercano di scongiurare l’approvazione di questa norma che lederebbe milioni di italiani proprietari di immobili.
Direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia
Questo è il nome della nuova direttiva composta da una serie di norme che “incoraggiano” la ristrutturazione degli edifici esistenti e la costruzione di nuovi edifici ad alta efficienza energetica. L’obiettivo in questione è più che nobile, l'efficientamento energetico ridurrebbe i consumi e di conseguenza le emissioni di CO2 di tutti e 27 gli Stati Membri; un cambiamento notevole, considerato il fatto che l’inquinamento generato dalle abitazioni equivale ad ⅓ delle emissioni di gas serra del continente. Ma cosa prevede la normativa, ancora al vaglio?
Non c’è nulla di certo, la normativa in questione è ancora da definire ma ai vertici della proposta del Consiglio dell’Unione Europea, troviamo due importanti obblighi:
- per le nuove costruzioni: gli edifici degli enti pubblici dovranno essere ad emissioni zero, obbligo che si estenderà anche per gli edifici privati nel 2030;
- per gli edifici non residenziali ogni Paese dovrà selezionare il 15%degli edifici che hanno prestazioni basse, e migliorarne l’efficienza energetica entro il 2030 ; un altro 25% entro il 2034.
In sintesi entro :
- il 2030 gli immobili in classe F e G dovranno migliorare di almeno due classi il loro efficientamento; in seguito entro il 2034 quelli in classe E
- il 2040, anche per gli immobili in classe D
- il 2050 non dovranno più esserci edifici con emissioni nocive
- Già dal 2028, tutti gli edifici proprietà di enti pubblici dovranno avere zero emissioni
- Fanno eccezione tutti gli edifici di culto, gli edifici storici e alcune tipologie specifiche che sembra siano esonerati dal computo.
La direttiva è ancora in fase di approvazione ma, se questa venisse approvata, costringerà molti proprietari a ristrutturare le proprie abitazioni in meno di 10 anni, senza però fornire le adeguate agevolazioni e quindi gravando sui portafogli dei cittadini.
Questo è uno dei motivi per cui l’Italia, insieme ad altri Paesi membri (coalizione della flessibilità) si sono fatti portavoce di un’opposizione e hanno presentato una serie di modifiche, tra cui quella di eliminare l’obbligo di rinnovare almeno il 15% degli edifici residenziali in classe G entro il 2030, al fine di limitare di gravare sulle spalle dei cittadini. Questa nuova direttiva Europea infatti comporterebbe costi significativi per l’italia in quanto i ⅔ di tutte le abitazioni sarebbero da ristrutturare; se volessimo parlare in numeri, su 12 milioni di edifici, 9 milioni non rispettano i requisiti richiesti e quindi, dovrebbero apportare delle modifiche per aumentare il loro efficientamento energetico entro il 2030. Oltre a gravare sulle spalle degli italiani, questa normativa potrebbe rappresentare un reale rischio per le banche in quanto il valore del patrimonio immobiliare subirebbe una riduzione generale che comporterebbe un problema creditizio.
L’iter di approvazione non si è ancora concluso, bisognerà aspettare almeno marzo per avere maggiore chiarezza sulla situazione ma fino ad oggi sembra che comunque non siano previste sanzioni per chi non applicherà la ristrutturazione sul suo immobile ma “solamente” una perdita di valore dell’immobile non a norma. La perdita di valore preoccupa non solo per le famiglie ma anche per le ricadute del mercato immobiliare e del mercato della ristrutturazione; i tempi sono troppo ridotti, il prezzo del materiale è già aumentato in maniera esponenziale in seguito al super bonus e c’è un'enorme difficoltà nel reperire le materie prime, i ponteggi e la manodopera.