Nuove costruzioni in bilico a causa della guerra dei dazi tra USA e UE

La rinnovata tensione commerciale tra gli Stati Uniti sotto la guida di Donald Trump e l’Unione Europea, culminata nell’imposizione di dazi del 25% su acciaio e alluminio europei a partire dal 12 marzo 2025, segna l’inizio di una nuova fase nella guerra dei dazi. L’UE ha risposto minacciando contromisure su merci statunitensi per un valore di 26 miliardi di euro, con un pacchetto di tariffe che entrerà in vigore dal 15° aprile 2025. Questo scontro protezionistico avrà ripercussioni significative sul settore delle nuove costruzioni, un’industria che dipende fortemente da acciaio e alluminio come materiali fondamentali. Di seguito, un’analisi dettagliata e verificata sugli effetti di questa disputa commerciale, con un focus sui costi, le catene di approvvigionamento e le prospettive future.
Contesto e dati verificati
I dazi americani del 25% colpiscono circa 26 miliardi di euro di esportazioni europee di acciaio e alluminio verso gli Stati Uniti, pari al 5% del totale delle esportazioni UE verso questo mercato. Secondo stime della Commissione Europea, gli importatori statunitensi dovranno affrontare un costo aggiuntivo di circa 6 miliardi di euro. L’UE, terzo fornitore di acciaio per gli USA dopo Canada e Messico, ha annunciato una risposta in due fasi: dal 15° aprile 2025 ripristinerà le contromisure del 2018 (8 miliardi di euro di merci USA) e successivamente introdurrà nuove tariffe su ulteriori 18 miliardi di euro di prodotti americani, tra cui acciaio, alluminio e beni agricoli e industriali. Questi dati sono coerenti con le dichiarazioni ufficiali di Ursula von der Leyen e Maroš Šefčovič, Commissario UE per il Commercio.
Il settore delle costruzioni, che rappresenta circa il 13% del PIL europeo e il 10% di quello statunitense, utilizza acciaio per strutture portanti, armature e travi, e alluminio per facciate, infissi e coperture. Nel 2024, l’Europa ha prodotto 130 milioni di tonnellate di acciaio, di cui il 10% esportato negli USA, mentre la domanda interna di alluminio ha raggiunto i 12 milioni di tonnellate, con importazioni significative da mercati extra-UE.
Impatti sui costi delle materie prime
L’introduzione dei dazi americani aumenterà i costi di acciaio e alluminio per i costruttori statunitensi. Negli USA, la produzione interna di acciaio (circa 80 milioni di tonnellate annue) non copre interamente il fabbisogno nazionale (circa 100 milioni di tonnellate), rendendo necessarie le importazioni. Con i dazi, il prezzo dell’acciaio importato dall’UE potrebbe crescere del 20-30%, spingendo le aziende a cercare fornitori locali o alternativi (es. Brasile o Corea del Sud). Tuttavia, la capacità produttiva interna USA, limitata da anni di declino dell’industria siderurgica, potrebbe non assorbire la domanda, portando a ritardi e rincari. Uno studio del 2018 sui dazi di Trump mostrò un aumento del 9% nei costi di costruzione negli USA: un effetto simile è prevedibile oggi, amplificato dall’inflazione post-pandemica.
In Europa, i dazi minacciati sull’acciaio e sull’alluminio americani (che rappresentano il 5% delle importazioni UE di questi materiali) avranno un impatto più contenuto, dato che l’UE è largamente autosufficiente nella produzione di acciaio e può diversificare le fonti (es. Turchia o India). Tuttavia, un aumento dei costi di importazione dagli USA potrebbe spingere i prezzi interni di circa il 5-10%, colpendo i progetti edilizi più complessi che richiedono materiali specifici di alta qualità.
Ripercussioni sulle catene di approvvigionamento
La guerra dei dazi rischia di frammentare le catene di approvvigionamento globali. L’UE potrebbe dirottare le sue esportazioni di acciaio verso mercati asiatici o mediorientali, ma una sovrabbondanza di offerta in queste regioni potrebbe deprimere i prezzi, riducendo i margini per i produttori europei. Inoltre, la Cina, esclusa dai dazi USA su Canada e Messico ma colpita da altre tariffe, potrebbe inondare l’Europa con acciaio a basso costo (nel 2024 ha esportato 90 milioni di tonnellate globalmente), aggravando la concorrenza per i produttori locali.
Negli Stati Uniti, la dipendenza da fornitori interni o da paesi esenti dai dazi (es. Australia) potrebbe creare colli di bottiglia. Durante i dazi del 2018, i tempi di consegna dell’acciaio negli USA aumentarono del 20%, un fenomeno che potrebbe ripetersi, rallentando cantieri e infrastrutture. In Europa, la minaccia di dazi su beni americani potrebbe spingere le imprese a cercare alternative locali o regionali, ma la transizione richiederà tempo e investimenti, con rischi di interruzioni temporanee.
Effetti sul settore delle Nuove Costruzioni
Negli Stati Uniti, i costi più alti di acciaio e alluminio potrebbero compromettere i grandi progetti infrastrutturali promessi da Trump, come la ricostruzione di ponti e autostrade. Le imprese edili, trasferendo i costi sui committenti, potrebbero vedere una riduzione della domanda residenziale e commerciale, con un impatto stimato del 5-7% sui nuovi cantieri entro il 2026, secondo proiezioni basate su modelli economici del 2018. In Europa, l’aumento dei costi potrebbe rallentare il ritmo di costruzione, specialmente nei paesi dipendenti dall’export come Germania e Italia, dove il settore edilizio è già sotto pressione per i costi energetici.
Un aspetto critico è l’inflazione. Con i prezzi delle materie prime già elevati (l’acciaio è aumentato del 40% dal 2020), i dazi potrebbero spingere l’indice dei costi di costruzione oltre il 10% annuo su entrambe le sponde dell’Atlantico, riducendo la redditività dei progetti e scoraggiando gli investimenti privati.
Strategie di adattamento e scenari futuri
Le imprese del settore stanno già esplorando soluzioni. Negli USA, l’uso di materiali alternativi come il legno strutturale o i compositi potrebbe crescere, anche se limitato dalla scala e dai requisiti tecnici di molti progetti. In Europa, si potrebbe accelerare l’integrazione delle filiere interne, con incentivi per l’industria siderurgica locale (es. il piano UE per l’acciaio del 19 marzo 2025 prevede tutele anti-dumping). La Commissione Europea sta anche valutando misure per garantire la disponibilità di rottami ferrosi, essenziali per la produzione sostenibile di acciaio.
A lungo termine, due scenari sono possibili:
- Escalation: Se i negoziati falliscono, la guerra dei dazi potrebbe estendersi ad altri settori (es. auto o tecnologia), portando a una regionalizzazione economica. Il PIL globale potrebbe subire una contrazione dell’1-2%, con il settore delle costruzioni tra i più colpiti.
- Risoluzione: Un accordo negoziato, come auspicato da von der Leyen, potrebbe limitare i danni, ripristinando quote tariffarie o esenzioni reciproche. Tuttavia, la postura protezionistica di Trump rende questa prospettiva incerta.
Infatti, sebbene le imprese possano adattarsi con strategie alternative, il rischio di un’escalation commerciale minaccia di amplificare i danni. La chiave per mitigare gli effetti sarà la capacità di USA e UE di trovare un compromesso, evitando che il protezionismo diventi un ostacolo insormontabile per un’industria vitale come quella edilizia. In assenza di dialogo, il prezzo di questa guerra ricadrà su costruttori, lavoratori e consumatori, con conseguenze che potrebbero durare anni.