Distanze tra gli Edifici: Luci e Vedute
Differenza tra Luci e Vedute
Con la sentenza n. 1484/2019 il Tar Lombardia chiarisce ancora una volta in materia di distanza tra gli edifici e la differenza tra luci e vedute .
L’apertura con inferriate non deve osservare le regole sulle distanze tra edifici (di cui all’art. 9 del DM 1444/1968) se è infatti finalizzata solo a dare aria e luminosità ai locali e, quindi se posta a un’altezza dal pavimento tale, che non consente di affacciarsi sulla proprietà del vicino.
Se, al contrario, l’apertura con l’inferriata permette di affacciarsi, con una visione completa, sul fondo del vicino la finestra è una “veduta” e non più una “luce” e deve osservare, quindi, la distanza di 10 m (di cui sempre all’art. 9 del DM 1444/1968) .
L’importante,ulteriore, chiarimento arriva dal Tar Lombardia con la sentenza n. 1484/2019.
I fatti in breve
Il caso in esame riguarda il ricorso presentato da un cittadino contro il Comune per il diniego al rilascio del permesso di costruire in sanatoria, per violazione delle distanze tra edifici previste dall’art. 9 del DM 1444/1968.
Secondo il provvedimento di diniego, infatti le finestre poste sul fabbricato integrano la previsione della norma perché non sono “luci”, anche se dopo l’accertamento comunale sono state munite di inferriate, ma “vedute” in quanto svolgono la funzione aeroilluminante di spazi di abitazione e servizi (quali cottura e bagno), così come dai titoli abilitativi rilasciati.
A detta del ricorrente, invece, trattasi di “luci” e non di “vedute” e non può essere quindi applicato il limite di 10 m (art. 9, primo comma, n. 2, DM 1444/1968) perché tale distanza presuppone pareti munite di finestre qualificabili come vedute appunto.
La difesa del Comune ha eccepito l’improcedibilità del ricorso in quanto le finestre in questione hanno dimensioni e struttura di veduta, anche se ad esse sono state applicate e solo di recente le inferriate; inoltre, in base a quanto sostiene il Comune, l’art. 9 del DM 1444/1968 prescinde dalla classificazione civilistica tra “luci” e “vedute” e quindi, a prescindere, andava rispettata la distanza tra edifici.
La decisione del Tar
I giudici del Tar Lombardia, aderendo all’orientamento giurisprudenziale (TAR Lombardia, Milano, sez. II, 30/11/2018 n. 2706) secondo il quale il DM 1444/1968 fa riferimento alle pareti che presentano vedute, ma non nel caso di un’apertura con inferriate, qualificabile come “luce”, chiariscono che:
l’art. 9 del D M 1444 del 1968, in materia di distanze tra edifici, fa espresso ed esclusivo riferimento alle pareti finestrate, per tali dovendosi intendere unicamente le pareti munite di finestre qualificabili come vedute, senza ricomprendere quelle sulle quali si aprono semplici luci” (Consiglio di Stato, sez. IV, 5 ottobre 2015, n. 4628; cfr., nella giurisprudenza civile, Cassazione civile, sez. II, 20 dicembre 2016, n. 26383).
Pertanto i giudici respingono,la difesa dell’amministrazione comunale nella parte in cui sostiene che le distanze previste dalla norma si applicherebbero anche alle “luci” e quindi la distinzione con le “vedute” sarebbe irrilevante; ma definitivamente pronunciandosi sul ricorso lo respingono.
Le ragioni della decisione
Affinché sussista una veduta infatti è necessario, oltre al requisito della inspectio, anche quello della prospectio nel fondo del vicino, dovendo tale apertura non solo consentire di vedere e guardare frontalmente, ma anche di affacciarsi, ossia di guardare non solo di fronte, ma anche obliquamente e lateralmente, così assoggettando il fondo alieno ad una visione mobile e globale, senza ricorrere all’impiego di mezzi artificiali.