Tassi mutui agosto 2018: fine QE non cambia lo scenario
L’annunciata chiusura del programma di acquisto titoli da parte della BCE entro la fine anno (il c.d. quantitative easing) per il momento non sembra aver determinato un aumento dei tassi di interesse di riferimento sul mercato, grazie anche alla buona comunicazione esercitata dall’istituto monetario sulle prospettive dei tassi, che secondo l’Istituto monetario non verranno alzati prima della seconda metà del 2019, ovvero – come peraltro più volte rammentato ancor prima dell’annuncio della fine del QE – non prima di 6/9 mesi dal termine del quantitative easing.
Per quanto attiene i tassi variabili, i tassi Euribor (presi come riferimento per il calcolo dei tassi indicizzati applicati sui mutui) sono infatti rimasti sostanzialmente stabili e negativi su tutte le scadenze. Tale quadro di tassi compressi dovrebbe dunque confermarsi anche per i mesi a venire, sulla scia di una politica monetaria comunque ancora accomodante, che dovrebbe garantire un ruolo di eventuale interventismo da parte della BCE, sempre piuttosto vigile nel cercare di comprendere come si evolverà il mercato in tal senso.
Passando ai tassi fissi, i parametri di riferimento Eurirs sono risultati sostanzialmente stabili nell’ultimo mese, nonostante l’alternarsi di periodi di maggiore o minore avversione al rischio nei mercati. I tassi di interesse fissi rimangono così ancora storicamente su livelli molto ridotti, seppur su soglie superiori rispetto ai minimi di metà 2016.
Da quanto sopra, è ben chiaro e facile giustificare una preferenza verso l’indebitamento flessibile o a tasso fisso rispetto a quello a tasso variabile, per gli orizzonti temporali medio-lunghi. Gli orizzonti temporali brevi o brevissimi possono invece beneficiare in misura più significativa di un prolungato periodo di tassi Euribor o BCE a livelli minimi. Nell’ambito dei tassi fissi, permane ancora una preferenza relativa sulle scadenze extra-lunghe (30 e 40 anni) e sul decennale.