Beni comuni non censibili all'interno del condominio.
Se si abita in un condominio bisognerà considerare che non tutto è di nostra proprietà esclusiva e che alcune parti dovranno essere condivise con gli altri condomini; spesso queste parti comuni danno luogo a delle controversie sia a livello gestionale che in merito alla loro proprietà, per questo motivo è bene far luce su tali argomenti.
Definizione di beni comuni non censibili
I beni comuni non censibili rappresentano una proprietà indivisa comune a tutti i condomini che di cui loro non ne sono proprietari. Questa proprietà non produce reddito, può essere utilizzata da chiunque ne abbia titolo ma che rispetti l’obbligo di mantenere i beni agibili agli altri comproprietari. In sintesi i beni comuni non censibili si riferiscono ai beni che fanno parte della proprietà comune di un condominio ma non sono soggetti a registrazione o censimento presso l'Agenzia delle Entrate; questi sono generalmente definiti come aree di proprietà comune che non sono suscettibili di essere suddivise tra i singoli condomini, come ad esempio il suolo su cui si trova il condominio, le scale, i corridoi, il tetto, ecc.
Tuttavia, è importante notare che la legge italiana stabilisce che i beni comuni devono essere elencati e descritti nel regolamento condominiale, e il regolamento stesso deve essere registrato presso l'Agenzia delle Entrate. Questo significa che, pur non essendo soggetti a censimento individuale, devono essere contemplati nel regolamento condominiale, che a sua volta è soggetto a registrazione.
Perché i beni comuni non sono censibili?
Per comprendere le motivazioni per cui alcuni beni comuni non sono censibili bisogna spiegare il concetto di unità immobiliare.
L’unità immobiliare è composta da tutte le parti di un immobile che possono essere utili ed atte a produrre un reddito proprio. L’unità immobiliare infatti viene utilizzata per il calcolo della rendita catastale, per questo motivo, tutti i beni, per poter essere “censiti”, quindi accatastati come unità immobiliare deve produrre reddito.
Come definito dalla circolare N°2 del 1984, nonostante queste porzioni non debbano essere accatastate devono, in ogni caso, essere rappresentate nell’elaborato planimetrico ed individuate con foglio, particella e subalterno al fine di essere registrati al censuario senza avere però né titolarità né classamento. Per l’inserimento dei dati catastali, l’ Agenzia del Territorio è in possesso di un software, il DOCFA, che attribuirà i riferimenti catastali, mentre il subalterno dei beni comuni non censibili è lasciato alla discrezionalità di chi presenta l’accatastamento ma suggerisce di attribuire a tutte le porzioni comuni non censibili godute da uno stesso insieme di unità immobiliari lo sesso subalterno anche se non continue.
In sintesi i beni comuni non censibili ( anche definiti BCNC) sono porzioni che non hanno propria autonomia e capacità reddituale e possono essere comuni a tutte o ad alcune unità immobiliari per destinazione o perché sono caratterizzate da utilizzazione indivisa.
A cosa serve il censimento degli immobili
Ogni immobile deve essere censito, ovvero registrato in ogni sua parte capace di produrre reddito all’ interno del registro del catasto edilizio urbano, o anche catasto dei fabbricati con tutti i suoi elementi di identificazione:
- comune
- sezione (eventuale)
- foglio
- particella
- subalterno
- consistenza
- categoria
- classe di redditività
- rendita catastale
- rispettive planimetrie
L’obiettivo del catasto è quello di accertare tutte le proprietà immobiliari urbane attribuendo loro una rendita catastale al fine del calcolo delle imposte.
E’ bene specificare che il catasto ha un valore prettamente probatorio quindi non risulta vincolante ai fini dell’accertamento della proprietà di un bene e fa piena prova esclusivamente fino a querela di falso e non fornisce prova legale di reale proprietà.