Secondo quanto afferma una recente ricerca effettuata dal Centro Studi Impresa Lavoro, nel corso del 2016 il gettito complessivo sugli immobili in Italia, dopo aver raggiunto il picco nel corso del 2015 con ben 52,3 miliardi di euro, dovrebbe scendere a 49,1 miliardi di euro, con una contrazione del 6,1 per cento rispetto a quanto conseguito nello scorso anno. Nonostante ciò, a fine 2016 la pressione fiscale risulterà essere ancora lontana dai livelli del 2011, esercizio rispetto al quale l'incremento fiscale è ancora di ben 11,4 miliardi di euro, con un incremento del 30,2 per cento.
Più nel dettaglio, la quota patrimoniale del prelievo avrebbe subito una crescita maggiore nel periodo di tempo preso in considerazione, risultando più che raddoppiata ( 173%), a differenza del calo delle entrate attribuibili agli atti di trasferimento (- 29%) e a quelle sul reddito immobiliare, che sono risultate sostanzialmente invariato secondo le osservazioni formulate da Impresa Lavoro, nonostante l'incremento del gettito relativo alle locazioni, favorito dall'introduzione della cedolare secca sugli affitti.
Facile, a questo punto, cercare di comprendere per quale motivo si sia verificato il calo rispetto allo scorso anno. Il merito risulta, in tal proposito, essere ascrivibile in misura praticamente univoca al taglio della TASI per le abitazioni principali, voluto dall'esecutivo Renzi nel corso della legge di Stabilità, con un intervento che ha abbassato il gettito dai precedenti 4,7 miliardi di euro a 1,1 miliardi di euro. Rimangono invece stabili a 20,4 miliardi di euro su base annua le entrate che derivano dall'IMU, che la componente esplicitamente patrimoniale dell'imposizione sugli immobili, e che è però più che raddoppiata rispetto al 2011, quando valeva 9,2 miliardi di euro. Aumenta rispetto a cinque anni fa anche il gettito derivante dalle tasse sui rifiuti, che passa da 45,6 miliardi di euro a 8,4 miliardi di euro.
Stando alle dichiarazioni formulate da Massimo Blasoni, presidente del Centro Studi Impresa Lavoro, nonostante l'abolizione della TASI sulla prima casa, la tassazione sugli immobili in Italia è del 30% più elevata rispetto a quella del 2011, configurandosi come una sorta di patrimoniale operata a danno di quelle famiglie che consideravano la casa un vero e proprio bene rifugio. Una manovra richiesta a gran voce dall'Europa, che ha prodotto effetti negativi su molti versanti.