Riformare il catasto: molti ci hanno pensato, quasi nessuno seriamente. E per fortuna, si potrà dire, considerato che mettere mano al catasto significa, implicitamente, portare in rincaro le imposte sulle proprietà immobiliari. Una brutta notizia per 25 milioni di italiani, proprietari di 35 milioni di immobili.
Come cambia il catasto
Certo, almeno per il momento, niente è stato stabilito. Tuttavia, i rumors sostengono che il governo starebbe pensando di sostituire le vecchie e desuete rendite catastali, per poter passare ai valori di mercato. E, oltre tutto, passare dai vani ai metri quadri. Una decisione che potrebbe rendere più care le imposte, soprattutto per le seconde case con vista Imu e, oltretutto, spingere al rialzo l’Isee, tagliando così alcuni nuclei familiari fuori dai bonus. Ma sarà davvero così?
Come evitare il salasso
In realtà, non si sa granché. Si ipotizza però che il governo, onde evitare facili ripercussioni negative sui partiti che lo sostengono, stia pensando a attenuare in qualche modo gli effetti negativi, in particolar modo tagliando le aliquote al fine di non danneggiare i ceti più deboli.
Tutto è, comunque, in alto mare. Per ritoccare il catasto è infatti necessaria una forte coesione da parte dei partiti che sostengono l’esecutivo Draghi, ed è molto facile che qualcuno possa sfilarsi nel timore di non perdere elettorato.
L’ultima revisione del catasto italiano è infatti della fine degli anni ’80, mentre bisognerà attendere la seconda parte degli anni ’90 per la rivalutazione delle rendite catastali del 5%. Nel 2011 il governo Monti, in piena crisi economica nazionale, portò un incremento del 60%, unitamente al ritocco al rialzo delle aliquote, con introduzione dell’Imu.
Toccò poi al governo di Matteo Renzi rimuovere l’Imu sulla prima casa e attribuire la riforma del catasto nella delega fiscale del 2014. Nel 2015 la riforma avrebbe dovuto vedere la luce ma, in realtà, non se ne fece niente. E ora?
Cosa potrebbe accadere ora
Ricordiamo come l’attuale esecutivo abbia citato la riforma del catasto nel PNRR, recependo così una delle raccomandazioni che la Commissione Europea formula da diverso tempo sul nostro Paese.
L’obiettivo è quello di rendere più equilibrato il fisco sulla casa, considerato che degli immobili di pregio, che sono presenti nei centri storici delle maggiori città, pagano meno imposte di una giovane coppia che magari abita in una casa di periferia.
Certo, il riequilibrio dipenderà molto dal tipo di interventi che verranno effettuati.
In tal senso, la riforma del catasto dovrebbe poggiare su tre principi fondamentali. Il primo è quello della già citata rivalutazione dei valori catastali con un passaggio dal concetto di rendita catastale a quello del valore medio di mercato, sfruttando magari i dati Omi aggiornati ogni sei mesi. Il secondo principio cardine sarà quello di passare dal concetto di vani a quello dei metri quadri, per poter calcolare in modo più preciso il valore dell’immobile. Infine, terzo principio, quello di rimuovere le categorie catastali attuali (A1, A2, ecc.) per passare a una ripartizione più semplice, tra O (immobili ordinari) e S (immobili speciali).
Quali effetti sull’Imu
Ma in che modo si tradurranno in fatti concreti i principi di cui sopra?
Studi indipendenti alla mano, si prevede che l’adeguamento delle rendite verso i valori di mercato, potrebbe portare a un’impennata della base di calcolo, soprattutto nelle grandi città. Non è dunque da escludere che l’Imu possa crescere di oltre il 100%, come sancito da un recente dossier UIL. Per esempi, a Roma si passerebbe da 2.000 a 5.640 euro l’anno, con un rincaro del 183%, mentre a Torino si passerebbe da 700 a 1.300 euro annui (con un aumento del 189%) e a Milano da 1.800 a 4.000 euro l’anno (con un aumento del 123%).
La situazione dovrebbe invece essere più contenuta in altre città di medie dimensioni, come Genova, Ancona, Trieste, dove i rincari saranno del 5-7%. Il governo potrebbe però ridurre gli impatti più negativi ritoccando al ribasso le aliquote.
Quali effetti sull’Isee
Una revisione delle rendite catastali finirebbe con l’avere impatti anche sull’Isee, considerato che la prima casa pesa per due terzi del valore rivalutato, sottratta la franchigia e il mutuo residuo. Evidentemente, aumentando il valore catastale si finirebbe con l’incrementare l’indicatore e, magari, escludere molte famiglie dai propri bonus.
Si tenga infatti conto che due terzi del valore rivalutato, meno la franchigia e il mutuo residuo, finiscono proprio sull’Isee, e che rivedere gli estimi potrebbe incrementare – sostiene la Uil – l’Isee di circa il 300%. Facile immaginare che, a quel punto, molte persone perderebbero le proprie agevolazioni, dai bonus bollette a quelli per gli asili.
Quali effetti sulla Tari
Infine, non possiamo non ricordare come passare dai vani ai metri quadri potrebbe influire anche la Tassa sui rifiuti (Tari) che, per l’80%, si calcola sulla superficie catastale lorda dell’abitazione.