Come sappiamo, di recente, è stata modificata la disciplina inerente i giudici tributari e le loro incompatibilità.
Stiamo parlando dell’art. 39, co. 2, del D.L. n. 98 del 06 luglio 2011, convertito e modifcato, dalla Legge n. 111 del 15 luglio 2011, ed ulteriormente modificato dal D.L. n. 138 del 13/08/2011, convertito dalla Legge n. 148 del 14/09/2011, art. 2, co. 35-septies – (in G.U. del 16/09/2011). Sono, dunque, stati riscritti, in modo sorprendente, i casi di incompatibilità dei giudici tributari che erano, in passato, previsti dall’art.8 del D.Lgs. n. 545 del 31 dicembre 1992 e successive modificazioni.
Molte sono state le critiche a questo intervento, ritenuto non ponderato, provenienti da dottrina e giurisprudenza. Quali sono i principali problemi? Prima di tutto, vi è stato un parziale svuotamento delle Commissioni tributarie, ma, in modo ancora più grave, queste ultime sono state paralizzate attraverso un danno economico non di poco conto per i contribuenti, a causa dell’entrata in vigore dell’accertamento esecutivo, due anni fa, ovvero nel 2011.
Il legislatore avrebbe dovuto valutare meglio la questione, riscrivendo daccapo, e non provvedendo ad un semplice riordino, la disciplina relativa alle norme del processo tributario. L’ideale sarebbe stato prevedere giudici professionali, a tempo pieno, con delle buone retribuzioni; non introdurre limiti in tema di difesa, per il contribuente. Bisognerebbe, inoltre, introdurre la possibilità di utilizzare testimonianze e giuramenti decisori e suppletori.
L’art. 39 ha creato diversi problemi organizzativi. E’ importante, quindi, pensare ad una riforma urgente e generale, nonché necessaria per l’intero sistema. Finora, purtroppo, le cose restano allo status predetto.
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