La sentenza n.124 della Ctr di Puglia, della sezione distaccata di Lecce, si è espressa recentemente a favore della necessarietà dei dettagli relativi ai criteri di valutazione usati nella perizia di stima immobiliare realizzata dall’Ute, su cui si basano le potenziali pretese del Fisco. Nel caso di specie il ricorso era stato proposto dagli eredi di una catena alberghiera, subito poi rivenduta dopo la registrazione, a seguito dell’apertura della successione. La sentenza di primo grado aveva accolto la richiesta dell’amministrazione finanziaria per il pagamento della maggiore imposta di registro. A nulla era dunque servito, per gli eredi, eccepire la mancanza del requisito di accuratezza nella perizia, che si intendeva dunque accettata in considerazione di un richiamo al concetto, piuttosto vago e indubbiamente astratto, dell’esperienza comune. Gli eredi basano allora il ricorso in grado di appello proprio sulla carenza di completezza delle motivazioni, non solo degli atti di accertamento questa volta, ma anche della precedente sentenza di primo grado. Questa volta i giudici gli danno ragione, riscontrando in effetti un richiamo a criteri generici e vaghi. Viene dunque affermato in giurisprudenza il principio in base al quale la perizia immobiliare dell’Ute, base di eventuali richieste di rettifica fiscale e adeguamento dell’imposta di registro, deve contenere necessariamente, pena l’inesistenza della motivazione stessa, tutti i dettagli relativi ai metodi di accertamento utilizzati. Appare lapalissiano ed intuibile che il criterio sarà ancora più stretto qualora non sia stato effettuato neppure un sopralluogo diretto presso l’immobile. La materia in questione è abbastanza complessa ed intricata, si dovrebbe cercare di semplificare maggiormente.